Il 24 gennaio 2005 quando sono arrivato era a terra sulle mattonelle, morto.[…] Attilio è lì per terra. Lavorava in un negozio di telefonia e poi per arrotondare in un call center.
Lui e sua moglie Natalia non avevano ancora un bambino. Non c’era ancora il tempo, non c’era forse la possibilità economica di mantenerlo e magari aspettavano la possibilità di farlo crescere altrove. Le giornate si consumavano in ore di lavoro e quando c’è stata la possibilità e qualche risparmio, Attilio ha creduto buona cosa poter diventare azionista di quel negozio dove ha trovato la morte. L’ altro socio però ha una lontana parentela con Pariante, il boss di Bacoli, un colonnello di Di Lauro, uno di quelli che gli si sono messi contro. Attilio non sa o quantomeno sottovaluta, si fida del suo socio, gli basta sapere che è una persona che vive del suo mestiere, faticando molto, troppo. Insomma in questi luoghi non si decide della propria sorte, il lavoro sembra essere un privilegio, qualcosa che una volta raggiunto, si tiene stretto, quasi come una fortuna che ti è capitata, un destino benevolo che ha voluto centrarti, anche se questo lavoro ti porterà fuori casa per tredici ore al giorno, ti lascia mezza domenica libera e mille euro al mese che a stento ti bastano per pagare un mutuo. Comunque sia arrivato il lavoro, bisogna ringraziare e non fare troppe domande a sé e al destino.
Ma qualcuno fa cadere il sospetto. E allora il corpo di Attilio Romanò rischia di venire sommato a quello dei soldati di camorra ammazzati in questi mesi. […] Natalia, Nata come la chiamava Attilio, è una ragazza stordita dalla tragedia. Si era sposata appena quattro mesi prima, ma non viene consolata, al funerale non c’è Presidente della Repubblica, ministro, sindaco che le tiene la mano. Meglio così forse, si risparmia la messa in scena istituzionale. Ma ciò che aleggia sulla morte di Attilio è un’ingiusta diffidenza. E la diffidenza è l’assenso silenzioso che viene concesso all’ordine della camorra. L’ennesimo consenso all’agire dei clan. Ma i colleghi del call center di Attila, come lo chiamavano per la sua violenta voglia di vivere, organizzano fiaccolate e si ostinano a camminare anche se sul percorso della manifestazione avvengono ancora agguati, il sangue ancora traccia la strada. Procedono, accendono luci fanno capire, tolgono ogni onta, cassano ogni sospetto. Attila è morto sul lavoro e con la camorra non aveva rapporto alcuno.
[R. Saviano – Gomorra]
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